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Disoccupazione, i giovani al tempo della crisi: choosy o generazione perduta?

In tempi di crisi, in cui l’opinione pubblica ha i nervi a fior di pelle, le parole hanno più che mai un peso rilevante. E’ dunque bastato un aggettivo ad infiammare la polemica su un tema spinoso come la disoccupazione giovanile: il termine in questione è la parola inglese “choosy” che, dizionario alla mano, definisce una persona particolarmente esigente, schizzinosa, difficile da accontentare. A pronunciarla è stata il Ministro del Lavoro Elsa Fornero, che ha appunto esortato i neo laureati a non andare troppo per il sottile nella scelta del primo impiego e ad accettare qualsiasi lavoro disponibile, anche se il posto in questione non corrisponde esattamente alle loro aspettative e competenze. La frase è apparsa ai più come una provocazione ed ha avuto un effetto esplosivo sul dicastero di via Veneto, già non troppo popolare e travolto da un’ulteriore ondata di polemiche. Migliaia di persone, più o meno giovani, si sono sentite offese, affidando ai social network i propri messaggi di disappunto.
UNA GENERAZIONE PERDUTA? - Ma qual è davvero la nostra condizione di giovani, di cui tanto parlano politici, economisti, sociologi e imprenditori? Siamo davvero così choosy o, più drammaticamente, siamo una categoria colpita dalla crisi in misura devastante, cosa che ha portato più di qualcuno (Mario Monti in primis) a parlare di noi come di una “generazione perduta”? Per capire come stanno le cose occorre fare dei distinguo. Sarà anche vero che qualcuno, dopo aver studiato tanti anni, fatichi a digerire l’idea di dover fare un lavoro che non corrisponde alle proprie competenze. Ma è altrettanto vero che il mondo del lavoro è ormai popolato da un vastissimo esercito di soggetti che, dal punto di vista contrattuale, possono essere considerati spettrali: stagisti, praticanti, dipendenti a tempo determinato e lavoratori irregolari sono solo alcune di queste figure professionali dai contorni indefiniti. Qualcuno lavora in cambio di un misero rimborso spese, qualcun altro per uno stipendio a dir poco sottostimato, altri ancora addirittura gratis, con la scusa di “fare esperienza”. Recenti indagini e studi dimostrano che in realtà molti giovani accettano di tutto (o quasi) pur di non restarsene con le mani in mano: poco importa che si tratti di impieghi poco qualificati e qualificanti, magari sottopagati, l’importante è lavorare. Prendendo, ad esempio, i dati emersi da uno studio recentemente realizzato dall’Ipsos in collaborazione con l’Università Cattolica di Milano si scopre che quasi la metà degli intervistati si è adeguato ad una professione che ritiene insoddisfacente, che non riguarda direttamente il proprio percorso di studi e che consente di ricevere uno stipendio più basso di quello che viene considerato equo e giusto. Insomma, il quadro descritto da questa e altre indagini smentisce clamorosamente le affermazioni del Ministro del Lavoro.
LE FAMIGLIE E LA CRISI - Da tempo Federconsumatori denuncia e commenta la drammatica situazione in cui versano molte famiglie italiane: a causa della crisi e dell’inerzia dei governi, che non hanno promosso politiche mirate per la crescita e lo sviluppo, i consumi sono in caduta libera e i cittadini devono sopportare un carico fiscale sempre più gravoso. Tutto questo va ad aggiungersi ai tassi di disoccupazione registrati da sondaggi e statistiche, provocando conseguenze drammatiche soprattutto per le giovani generazioni, che si trovano a dover affrontare uno scenario a dir poco deprimente.
Sarebbe forse opportuno che i rappresentanti delle Istituzioni, prima di definirci “bamboccioni”, “choosy” e chissà con quali altre etichette, guardassero di più e con maggiore attenzione la realtà che li circonda.

 


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