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Pillola dei 5 giorni dopo: troppi ostacoli nell'accesso alla contraccezione di emergenza

Il contraccettivo di urgenza Ulipristal acetato, noto anche come ‘pillola dei cinque giorni dopo’, è sbarcato nelle nostre farmacie poco più di un anno fa. L’arrivo di questo medicinale potrebbe sembrare un passo avanti dell’Italia sul fronte della contraccezione di emergenza ma i fatti stanno dimostrando che, purtroppo, non è così. La pillola dei 5 giorni dopo non è un farmaco abortivo – come invece viene classificata la pillola RU486 - ma, appunto, un contraccettivo di emergenza, che inibisce temporaneamente il meccanismo dell’ovulazione e agisce se la fecondazione non è ancora avvenuta.
Consideriamo che l’Italia è l’unico tra gli oltre 61 Paesi di tutto il mondo in cui è stata autorizzata la vendita del medicinale, ad aver imposto una particolare restrizione alle ragazze che vogliono utilizzarlo: la prescrizione, infatti, può avvenire solo dopo che il medico abbia preso visione di un test di gravidanza negativo appena effettuato dalla paziente. Una condizione di questo tipo, che costituisce già di per sé un ostacolo all’accesso al farmaco, diventa ancora più invalidante se si considera che effettuare il test di gravidanza può risultare quasi impossibile: secondo una recente indagine Datanalysis, in quasi 4 consultori su 5 e nell’81% dei pronto soccorso gli stick per i test non vengono forniti. La situazione è addirittura peggiore se si considerano le cifre relative al Sud Italia: nel Mezzogiorno poco più di un consultorio su 10 (solo il 15,4%) dispone degli stick per i test.
In pratica una donna che voglia assumere la pillola dei cinque giorni dopo deve affrontare una lunga serie di insidie e ostacoli, che vanno ad aggiungersi ai numerosi casi in cui la prescrizione dei contraccettivi di emergenza viene negata in nome dell’obiezione di coscienza. Nel nostro Paese, purtroppo, non è raro che il diritto alla contraccezione e all’autodeterminazione non venga garantito e il quadro che abbiamo appena descritto dimostra che il mondo politico non si dimostra ancora sufficientemente sensibile all’argomento. Auspichiamo, pertanto, che il Governo avvii una decisa inversione di rotta e si decida ad abrogare l’irragionevole obbligo del test di gravidanza. 

 


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