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Biblioteche italiane:  servizi inefficienti e orari ridotti all’osso. Occorrono più investimenti 

In Italia sono 1200 le biblioteche universitarie in attività, ma non in tutte le città sono in grado di garantire orari o postazioni adeguate alle esigenze dei cittadini.  I tagli degli ultimi anni hanno portato ad un progressivo peggioramento della situazione, con criticità più accentuate al Sud Italia, dove a Napoli per garantire il servizio si è arrivati all’autogestione.
Chi ha avuto modo di frequentare biblioteche o sale studio all’estero  (magari sfruttando l’opportunità offerta dalle borse di studio Erasmus)  lo sa bene, le biblioteche italiane, nel complesso, non possono essere neanche paragonate, per efficienza del servizio, orari e accessibilità, alla media europea.
Eppure, il nostro paese, fu il primo nel mondo occidentale a dotarsi di una biblioteca universitaria, nel 1088 a Bologna. Ma la storia non è stata clemente e tale tradizione, con gli anni, si è progressivamente deteriorata, fino all’attuale situazione, che non esitiamo a definire sconfortante.
Secondo un’inchiesta pubblicata recentemente su Repubblica.it, l’Aib (Associazione italiana biblioteche)  ha quantificato recentemente 1200 biblioteche per 81 atenei nel paese. Il Gim (Gruppo interuniversitario sul monitoraggio delle biblioteche di ateneo), nel monitoraggio del 2011 ha stimato che sono 82 mila le postazioni destinate alle sale lettura e meno di 8 mila quelle informatiche, in tutta Italia. Numeri che assumono un senso solamente se confrontati con la popolazione universitaria italiana, che nel 2011 era di 1.800.000, quindi 22 studenti per ogni posto lettura e 225 studenti per ogni postazione informatica. Questo dato rappresenta sicuramente il sintomo di un disaggio diffuso in tutta la nazione, che è amplificato ed esasperato in molte realtà territoriali dagli orari di apertura ridotti all’osso.
Come accennato, le situazioni più sconfortanti si trovano nel Sud del paese, dove  i budget per i servizi sono ai minimi storici e le biblioteche riversano in condizioni disastrose. Così, ad esempio, a Reggio Calabria, la biblioteca “mediterraneo” resta aperta appena 21 ore a settimana, contro le 103 della più virtuosa di Trento. Il sabato pomeriggio e la domenica a Roma, città che nel solo anno  accademico 2012/2013 ha avuto ben 23.072 immatricolati (dati anagrafe.miur.it), non è garantito praticamente alcun servizio bibliotecario, né alcuna postazione destinata alla lettura. Se è vero che in Europa esistono casi di straordinaria efficienza, come alcune facoltà dell’Università di Barcellona, che vantano un’apertura h24, così come la “London School of economics” a Londra,  o ancora in Belgio o a Madrid, dove la chiusura delle biblioteche più prestigiose è  posticipata fino alle 22,00,  nella capitale italiana il sevizio è garantito solo fino alle 19,00. Il paragone con l’Europa è sconfortante non solamente sotto il punto di vista degli orari, ma anche della qualità del servizio, dell’accessibilità ai prestiti e alle postazioni computer.
L’efficienza dei servizi di prestito, la consultazione dei cataloghi online e la conservazione dei volumi, sono variabili  soggette alla mala gestione in quasi tutto il territorio, ma  ancora una volta emerge la netta spaccatura tra Nord e Sud Italia. Infatti, mentre a Milano e a Bologna si sperimentano nuovi orari, con chiusure rispettivamente alle 23,30 e alle 22,30, con un conseguente allungamento dell’orario in cui è possibili consultare i volumi e richiedere i prestiti, a Napoli  molte biblioteche e librerie sono in stato di abbandono, al punto da portare gli studenti della Federico II all’occupazione della biblioteca universitaria per garantirne l’utilizzo ai colleghi, dopo anni di squallido abbandono.
Orari e servizi migliori porterebbero a migliori condizioni di studio e dunque più efficienza nel funzionamento delle Università, portando i giovani verso un percorso di studi più veloce e meno oneroso. Troppo spesso i ragazzi non hanno la possibilità di acquistare i libri e il carico di testi raccomandati risulta eccessivo (fino a 5 libri per un esame), allora la consultazione e il prestito nella biblioteca di facoltà diventa una scelta obbligata. Quest’incredibile risorsa non dovrebbe essere allora il “bersaglio facile” dei tagli al budget, ma anzi, oggetto di investimenti finanziari per ridurre il più possibile la permanenza degli studenti nelle università.

 


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